Ora io tenterò una mia risposta ma sarebbe bello che ne seguissero altre di rom, sinti e gagè. Risposte meditate e possibilmente non solo sfoghi personali.
Io la vedo così:
1) Prova a fare la stessa domanda a un siciliano o un calabrese, o se sei un imprenditore, a un tuo operaio... e immagino che la reazione sarà la stessa: perché la domanda è sbagliata, è tendenziosa e non bastano 4 parole per rispondere; inoltre è inutile rispondere a chi non vuole realmente comprendere.
2) Una risposta è che non è vero: conoscono entrambe le parole ma gli sembra di avere solo doveri e quindi sono alla disperata ricerca dei diritti. Come l'operaio rispetto all'imprenditore.
Ma la domanda vera, mi viene il dubbio che forse voleva essere: perché rom e sinti sanno essere solo parassiti disonesti? La sensazione della domanda è questa: è vissuta in ogni caso con questa brutalità.
Quindi:
1) Se conoscessimo la storia reale e le vicissitudini delle famiglie rom e sinte (sopravvissute) la risposta verrebbe da sola e probabilmente sarebbe: è un miracolo che nonostante tutto ci siano ancora così tanti sinti e rom che hanno (o si sforzano di avere) un lavoro onesto; È un miracolo che ci siano ancora famiglie che non si sono rassegnate.
La disonestà, la propensione ad avere una doppia personalità, la sfiducia verso i gagè, la rassegnazione ad essere comunque discriminati... gliel'abbiamo insegnata e imposta noi ed è una conseguenza storica evidente. È la stessa risposta di noi italiani alla burocrazia e ai soprusi politici.
Il punto è che da parte della società maggioritaria non c'è mai stato un tentativo onesto e serio di integrazione e per questo sinti e rom non si sentono mai veramente parte della società ma sempre e comunque stranieri in una terra le cui regole saranno sempre imposte da altri.
Potremmo allora dire che è tutta colpa dei Gagè? No, ovviamente no: c'è sicuramente una responsabilità anche da parte delle singole famiglie sinte e rom. Ne è prova il fatto che ci sono tante famiglie rom e sinte che hanno avuto successo nella società e sono sia rispettate che oneste. Un modo per uscire dall'emarginazione c'è e chi ha avuto fortuna, impegno e determinazione è riuscito a trovare la sua strada.
Il brutto è che rischia comunque di essere oggetto di razzismo se la gente sbagliata viene a scoprire le sue origini.
2) Un gagè ha una visione necessariamente parziale per almeno tre motivi: il primo è che il giornalismo italiano non è serio né corretto e si prostituisce indecentemente alle sole esigenze di mercato e alle convenienze politiche; il secondo perché si riconosce come rom e sinti solo quelli che vivono nei campi ma questi sono meno di un terzo del totale in Italia e sicuramente la parte più emarginata e problematica; il terzo è che parlare con un sinto o un rom in maniera aperta e senza sospetti o pregiudizi reciproci è quasi impossibile: bisogna recuperare secoli di scorrettezze.
3) Anche nei campi la situazione è piuttosto variabile, ci si barcamena come tutti coloro che sono in uno stato di precarietà ma la situazione non è molto diversa rispetto alla gente povera dei quartieri popolari
4) Ci sono moltissimi rom e sinti che hanno attività di lavoro regolari e a volte anche di prestigio (difficilmente quelli che vivono nei campi): noi non li riconosceremo mai come rom e sinti perché preferiscono nascondere la loro identità. La storia gli ha insegnato a nascondersi!
5) La difficoltà di frequentare la scuola per i bambini sinti e rom dei campi è secondo me uno dei motivi principali della loro emarginazione. La difficoltà è reale e pesante e dipende non solo dalla povertà delle famiglie ma soprattutto dalla discriminazione all'interno delle classi e dalla impreparazione degli insegnanti a gestire la diversità. Non meno importante inoltre è la paura delle famiglie sinte e rom che la scuola rappresenti per i loro figli solo un lavaggio del cervello che non porterà nessun beneficio nella vita reale.
L'importanza della scuola per sinti e rom è sottovalutata sia dai gagè che dai sinti e i rom. Invece è il primo vero passo di reciproca comprensione, di dialogo, di riconciliazione e di costruzione di una fiducia reciproca.
Termino dicendo che non si può appunto rispondere a tono a questa domanda perché è una domanda provocatoria, è evidente il carico di odio che sottintende, è la dimostrazione di quanto ci troviamo lontani dalla reciproca comprensione.
Con questo non voglio dire che è una domanda stupida: voglio solo dire che è preoccupante perché oggigiorno sono molti, troppi gli italiani che se la stanno ponendo e questo significa solo che l'ignoranza e la malafede stanno crescendo.
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