Nebbia tamburi e zanzare



Nebbia e zanzare sono ciò che più di tutto affligge il posto in cui vivo.
La nebbia arriva la sera, fra l'autunno e la primavera, e ti scoraggia dall'uscire di casa rendendo pericolose le strade e interminabili gli spostamenti più banali.
Le zanzare ti assaltano alle feste di paese, nei locali all'aperto, nelle passeggiate.
Non fosse per questo il Parco del Ticino sarebbe anche un posto stupendo e lo si scopre all'improvviso quando la primavera ti regala, dopo interminabili mesi di tempo piovoso, delle belle giornate di sole qualche settimana prima dell'arrivo inesorabile di zanzare, mosche e tafani.

I tamburi invece sono uno dei miei hobby e delle mie numerose passioni e mi piace suonarli nei momenti in cui mi annoio non potendo o non avendo voglia di fare altro!


Per messaggi personali e-mail: nebbiatamburiezanzare@virgilio.it


giovedì 7 novembre 2019

Sinti e rom dubbi di un lettore!



Un follower della mia pagina facebook "sinti rom e gagè", non riuscendo a commentare, mi scrive in privato: "il problema è che se tu chiedi a loro (rom e sinti) perché conoscono solo la parola DIRITTI e non DOVERI... ti oscurano subito"
Ora io tenterò una mia risposta ma sarebbe bello che ne seguissero altre   di rom, sinti e gagè. Risposte meditate e possibilmente non solo sfoghi personali.

Io la vedo così:
1) Prova a fare la stessa domanda a un siciliano o un calabrese, o se sei un imprenditore, a un tuo operaio... e immagino che la reazione sarà la stessa: perché la domanda è sbagliata, è tendenziosa e non bastano 4 parole per rispondere; inoltre è inutile rispondere a chi non vuole realmente comprendere.
2) Una risposta è che non è vero: conoscono entrambe le parole ma gli sembra di avere solo doveri e quindi sono alla disperata ricerca dei diritti. Come l'operaio rispetto all'imprenditore.
Ma la domanda vera, mi viene il dubbio che forse voleva essere: perché rom e sinti sanno essere solo parassiti disonesti? La sensazione della domanda è questa: è vissuta in ogni caso con questa brutalità.
Quindi:
1) Se conoscessimo la storia reale e le vicissitudini delle famiglie rom e sinte (sopravvissute) la risposta verrebbe da sola e probabilmente sarebbe: è un miracolo che nonostante tutto ci siano ancora così tanti sinti e rom che hanno (o si sforzano di avere) un lavoro onesto; È un miracolo che ci siano ancora famiglie che non si sono rassegnate.
La disonestà, la propensione ad avere una doppia personalità, la sfiducia verso i gagè, la rassegnazione ad essere comunque discriminati... gliel'abbiamo insegnata e imposta noi ed è una conseguenza storica evidente. È la stessa risposta di noi italiani alla burocrazia e ai soprusi politici.
Il punto è che da parte della società maggioritaria non c'è mai stato un tentativo onesto e serio di integrazione e per questo sinti e rom non si sentono mai veramente parte della società ma sempre e comunque stranieri in una terra le cui regole saranno sempre imposte da altri.
Potremmo allora dire che è tutta colpa dei Gagè? No, ovviamente no: c'è sicuramente una responsabilità anche da parte delle singole famiglie sinte e rom. Ne è prova il fatto che ci sono tante famiglie rom e sinte che hanno avuto successo nella società e sono sia rispettate che oneste. Un modo per uscire dall'emarginazione c'è e chi ha avuto fortuna, impegno e determinazione è riuscito a trovare la sua strada.
Il brutto è che rischia comunque di essere oggetto di razzismo se la gente sbagliata viene a scoprire le sue origini.
2) Un gagè ha una visione necessariamente parziale per almeno tre motivi: il primo è che il giornalismo italiano non è serio né corretto e si prostituisce indecentemente alle sole esigenze di mercato e alle convenienze politiche; il secondo perché si riconosce come rom e sinti solo quelli che vivono nei campi ma questi sono meno di un terzo del totale in Italia e sicuramente la parte più emarginata e problematica; il terzo è che parlare con un sinto o un rom in maniera aperta e senza sospetti o pregiudizi reciproci è quasi impossibile: bisogna recuperare secoli di scorrettezze.
3) Anche nei campi la situazione è piuttosto variabile, ci si barcamena come tutti coloro che sono in uno stato di precarietà ma la situazione non è molto diversa rispetto alla gente povera dei quartieri popolari
4) Ci sono moltissimi rom e sinti che hanno attività di lavoro regolari e a volte anche di prestigio (difficilmente quelli che vivono nei campi): noi non li riconosceremo mai come rom e sinti perché preferiscono nascondere la loro identità. La storia gli ha insegnato a nascondersi!
5) La difficoltà di frequentare la scuola per i bambini sinti e rom dei campi è secondo me uno dei motivi principali della loro emarginazione. La difficoltà è reale e pesante e dipende non solo dalla povertà delle famiglie ma soprattutto dalla discriminazione all'interno delle classi e dalla impreparazione degli insegnanti a gestire la diversità. Non meno importante inoltre è la paura delle famiglie sinte e rom che la scuola rappresenti per i loro figli solo un lavaggio del cervello che non porterà nessun beneficio nella vita reale.
L'importanza della scuola per sinti e rom è sottovalutata sia dai gagè che dai sinti e i rom. Invece è il primo vero passo di reciproca comprensione, di dialogo, di riconciliazione e di costruzione di una fiducia reciproca.

Termino dicendo che non si può appunto rispondere a tono a questa domanda perché è una domanda provocatoria, è evidente il carico di odio che sottintende, è la dimostrazione di quanto ci troviamo lontani dalla reciproca comprensione.
Con questo non voglio dire che è una domanda stupida: voglio solo dire che è preoccupante perché oggigiorno sono molti, troppi gli italiani che se la stanno ponendo e questo significa solo che l'ignoranza e la malafede stanno crescendo.

sabato 10 novembre 2018

Da un anno e mezzo circa faccio volontariato il sabato mattina presso l'associazione Città Solidale Pavia ONLUS.
La conoscenza dell'associazione è avvenuta in maniera casuale mentre suonavo con Francesco Tessarolo il flauto e la darbuka in strada, presso la Cupola Arnaboldi a Pavia.
Il titolare dell'associazione, Massimo Cavalieri, ci ha chiesto se potevamo aiutare suonando alla festa di fine anno. Da li è iniziata la nostra collaborazione, che per il momento ci sta dando tante soddisfazioni.
Grazie a questa occasione ho avuto la possibilità di organizzare un laboratorio di percussioni con diverse bambine e ragazzine di diversa provenienza. Due sono comunque i gruppi che più hanno caratterizzato l'attività dello scorso anno: 1) le sorelle del Borgo e le loro amiche 2) le ragazzine sinte. A questi due gruppi quest'anno si sono aggiunti una bambina e 3 bambini egiziani che si annunciano promettenti e interessati alle attività.
Le sorelle del Borgo insieme alle loro amiche sono quelle che hanno dimostrato, anche grazie alla maggiore età (media!), la maggiore maturità e impegno in associazione. Io, devo ammettere, mi sono particolarmente affezzionato alle due più giovani: la Denise e la Kloe con cui spero di continuare a mantenere quella sintonia e amicizia che mi pare si sia creata e a cui si è unita mia figlia Amelia. Anche con le sorelle maggiori Michelle e Nicole insieme alle amiche Vanessa e Brenda si è creato un bellissimo rapporto che purtroppo fatico a mantenere per via del limitato tempo che abbiamo a disposizione durante il sabato mattina.
Le sinte sono invece sicuramente il gruppo più vivace e gioioso dell'associazione: iperattive, hanno una voglia infinita di giocare, di suonare e di ballare. Tendono a stare un po' in disparte e sono state forse piu timide all'inizio nell'entrare nel gruppo a suonare i tamburi. Era curioso il fatto che cercassero di approfittare dei momenti in cui le altre stavano disegnando o chiacchierando per provare a suonare qualche strumento tra di loro. Hanno maggiore affinità col ritmo e imparano veloci dimostrando anche parecchia fantasia e iniziativa quando ne hanno la possibilità.
Con loro (ma anche con le altre) spero di riuscire a lavorare bene perché varrebbe veramente la pena di formare un piccolo gruppo per qualche spettacolo. Ci rimarrebbe da trovare qualcuno-a che abbia voglia di ballare al suono dei nostri tamburi.

venerdì 18 maggio 2018


Ieri Ettore mi ha voluto far vedere un gioco con delle calamite che aveva scambiato in classe.
Mi è così venuto in mente che parecchi anni fa avevo comprato al Pracchi diverse calamite simili che erano in svendita. Avevo pensato che prima o poi sarebbero venute utili per giocarci coi figli (che all'epoca avevano 1-3 anni circa!)
Non è stato facile ritrovarle ma poi sono saltate fuori ed ecco i nostri "capolavori"!!! 😊













Rinascita Blog?


Intendo riprendere questo Blog lasciato in sospeso per diverso tempo utilizzandolo anche come appoggio per post che altrimenti verrebbero più facilmente persi nel casino organizzativo dei social network.
Molto probabilmente il blog prenderà un carattere diverso e spero meno pesante diventando non solo uno spazio per i miei pensieri e le eventuali considerazioni di varia natura ma anche semplicemente un diario fotografico e un archivio di link e articoli per me interessanti.

mercoledì 20 giugno 2012

Cosa non mi va delle religioni e del cattolicesimo in particolare

Ho difficoltà ad accettare qualsiasi orientamento religioso pur cercando di rispettare le convinzioni altrui.
La difficoltà nasce dalla mia personale convinzione che non esista alcun essere superiore che ci ha creato, che ci controlla, che ci giudica, che ci condannerà o premierà in base al nostro operato e che non esista alcun disegno divino.
Il mondo è frutto di un miracolo del caso ed è esclusivamente responsabilità nostra che la vita in questo pianeta sia degna di essere vissuta.
Ma alcuni aspetti del cattolicesimo in particolare non mi vanno giù.
Prima di tutto il passato, non l’inizio ma diciamo l’evoluzione: è una storia di potere, di soprusi, di genocidi.
Secondariamente la figura del Papa
Del cattolicesimo non riesco ad accettare che un uomo si possa permettere il sopruso e la “truffa” di dichiararsi intermediario di Dio e in base a questo avere il privilegio di poter dire in modo definitivo e insindacabile cosa sia giusto o no per un cattolico.
Lo so che non è esattamente così, che anche il Papa ha in parte le mani legate, perché comunque deve giustificare le sue affermazioni citando le sacre fonti delle sue affermazioni; tuttavia questo è il punto e quando il Papa “decide” la sua parola diventa materia di fede.
Un giorno un amico greco mi disse: << vedi, nel cristianesimo ortodosso difficilmente si stabilisce definitivamente cosa sia giusto e doveroso fare per un cristiano riguardo a temi morali complessi perché per stabilire una regola morale serve il consenso unanime di tutti i vescovi>>.
Ed è per questo che all’interno della chiesa ortodossa (e non solo) è possibile fare discussioni complesse su temi morali che i cattolici non potranno mai fare con la strada continuamente bloccata da dogmi e precetti.
D’altra parte quello che non posso accettare dalla maggioranza delle religioni è l’esistenza del dogma.
Quando si arriva a un dogma con un religioso non si può più discutere. E tutta la logica si dovrà piegare a quella che per forza di cose viene considerata verità certa e indiscutibile. Si ha la sensazione che una parte del cervello sia stata bloccata per rispetto alle verità di fede e che nulla si possa fare per quanto evidenti possano essere le contraddizioni.
Come si fa in questo mondo a credere di avere delle certezze? In nome di cosa dovremmo rinunciare ad una parte della nostra intelligenza e della nostra razionalità per far posto a illusorie certezze tramandateci da uomini del passato?

giovedì 12 gennaio 2012

Divorzi nel Fair Trade

Il nuovo anno ha portato uno sconvolgimento nel mondo dell’Equo & Solidale: Fair Trade Usa è uscita da Fair Trade International. Non è una ferita leggera!
Il motivo della divisione sarebbe dovuto ad una diversa posizione dei due soci fondatori riguardo alla possibilità di ammettere le multinazionali tra i possibili produttori Fair Trade.
Nico Roozen (socio fondatore) sostiene che fare spazio alle multinazionali darebbe nuovo slancio al mercato Equo e renderebbe i prodotti disponibili a tutti.
Frans van der Hoff (l'altro socio fondatore) sostiene invece che questa apertura snaturerebbe profondamente lo spirito del Fair Trade tradendo di fatto i piccoli produttori.

La divisione non è di facile soluzione perché a livello puramente teorico la ragione è di entrambi. Se lo scopo infatti è di produrre alimenti e artigianato garantendo il giusto guadagno agli agricoltori e agli artigiani, non dovrebbero esserci ostacoli ad ammettere le multinazionali se queste vengono legate a controlli stringenti. Starà poi a queste ultime valutare se ne potranno trarre sufficienti benefici!
Tuttavia le intenzioni di Nico Roozen non sembrerebbero così oneste se fra le novità che vorrebbe introdurre ci sarebbe l’abbassamento al 10% della percentuale minima di ingredienti “Equi” in un prodotto marchiato Fair Trade. Questa posizione sembra piuttosto un cedimento alla pressione delle multinazionali per entrare in un mercato che fa gola!

A dire il vero il Fair Trade probabilmente andrebbe imposto per legge e la gente dovrebbe vergognarsi di comprare prodotti per i quali non venga garantito, ad agricoltori e artigiani, un compenso equo ( che non significa abbondante ma semplicemente onesto).
Il Fair Trade infatti è reso necessario dal fatto che non in tutti i paesi ci sono leggi a tutela dei lavoratori come ci sono in Europa e questo permette alle multinazionali (e non solo a loro) di produrre a prezzi molto bassi. Comprando prodotti non Equi si rischia di favorire un mercato del lavoro che in Italia e in Europa sarebbe considerato vergognoso e criminale oltre che illegale.

Resta comunque la necessità di rendere i prodotti Fair Trade più idonei ad un mercato di massa avvicinandoli alle esigenze quotidiane della gente e prendendo le distanze da un mercato che rischia di diventare radical chic.
La gran parte dei vestiti ad esempio rimane a prezzi molto elevati e cosa ancora più fondamentale il designe è spesso inadatto all’uso quotidiano e alle esigenze reali della gente. Nell’ambito degli alimenti Fair trade c’è spazio per un miglioramento qualitativo dei prodotti (ad esempio i cereali per la colazione) e la tecnologia di alcune grosse aziende potrebbe aiutare in modo significativo. Inoltre la varietà di prodotti potrebbe aumentare notevolmente e stimolare un maggiore interesse per il settore
Mi sembra una buona decisione quella presa allargando ai supermercati la distribuzione dei prodotti Fair Trade ed anzi andrebbe incoraggiata garantendo comunque sempre etichette dettagliate che evidenzino la ripartizione del costo finale del prodotto e gli ingredienti Equi.
Un’ultima considerazione: sarebbe bello ed utile che lo spirito Fair Trade si allargasse anche a prodotti non extracomunitari con marchi tipo il DURC (un documento che certifica che i contributi dei lavoratori sono stati pagati regolarmente) o la certificazione Kosher che oltre ad assicurare il rispetto delle norme alimentari ebree richiede l’assoluta regolarità nelle assunzioni dei lavoratori e nei pagamenti dei contributi.

martedì 27 dicembre 2011

Democrazia?

Sono un po' di settimane che mi chiedo cosa farò alle prossime elezioni e non so proprio cosa rispondermi! Ho sempre pensato che votare sia pienamente nei nostri interessi e che vivendo in una democrazia sia in un certo senso un nostro dovere, un impegno serio per esprimere i nostri orientamenti di pensiero e influire nel governo dello Stato. In fondo sarebbe questo il senso di una democrazia: i cittadini votano coloro che in parlamento li rappresenteranno e prenderanno decisioni importanti e complesse che diversamente non potrebbero essere prese. I politici, essendo rappresentati in parlamento in proporzione ai consensi ottenuti, in teoria dovrebbero prendere decisioni che pur non facendo contenti tutti saranno apprezzate presumibilmente dalla maggioranza.
La democrazia dovrebbe essere una soluzione all'impossibilità di organizzare riunioni decisionali in cui è aperta la partecipazione a tutti i cittadini. Una soluzione del genere attualmente non sarebbe infatti proponibile sia perché sarebbe troppo impegnativo per i cittadini sia perché sarebbe troppo lungo e complicato sentire le opinioni di tutti, valutare le eventuali soluzioni, contare i consensi, votare una decisione finale.
Da una democrazia forse non ci si può aspettare che tutti riescano a trovare dei rappresentanti da votare che li convincano ma dovrebbe essere auspicabile che almeno la maggioranza delle persone sia soddisfatta delle proprie possibilità di voto e di come successivamente i politici governino lo Stato!
Ora magari mi sbaglierò ma la mia impressione è che i cittadini nella maggior parete dei casi non siano né così soddisfatti delle scelte possibili né si sentano realmente rappresentati né si possano serenamente dire soddisfatti di come venga governato lo Stato. Ciò che poi preoccupa è l'impressione che i politici siano più impegnati a fare i propri interessi che preoccupati di deludere la fiducia degli elettori.

Ma non era questo di cui volevo parlare. Piuttosto invece mi chiedevo fino a quando si potrà dire che siamo in una democrazia? Perché a me sembra sempre più che dalla democrazia ci stiamo allontanando e che se questo era il nostro obiettivo lo stiamo perdendo!

Come si fa infatti a chiamare democrazia un sistema politico in cui non ti è consentito votare il tuo rappresentante ovvero la persona in cui riponi maggiore fiducia?
È vero puoi votare un Partito ma quanta scelta hai? Come si può pensare di rimanere soddisfatti dalle proprie scelte di rappresentanza se la scelta è limitata a una decina di Partiti? Se il sistema elettorale ti spinge a scegliere solo tra i due più forti altrimenti il tuo voto sarà quasi inutile? Se durante la campagna elettorale i Partiti sono concentrati a demonizzare gli avversari invece di esporre nei particolari i propri obiettivi di programma? Se il programma di un Partito è una pura formalità, un fastidioso retaggio del passato?
Infine: come scegliere se ti rendi conto che non puoi disporre di informazioni affidabili? Se scopri sempre più spesso che le notizie ufficiali sono colpevolmente falsificate? Se quelle “alternative” si dimostrano ugualmente vittime di interessi politici o economici che le manipolano adattandole alle proprie esigenze?

Non so quali possano essere le soluzioni a questi problemi né quanto gli italiani siano realmente disposti ad impegnarsi per risolverli ma sicuramente c'è chi è interessato a mantenerli e ne trae privilegi economici e di potere.